L’undici ottobre di ogni anno ricorre per l’intera Chiesa la festa liturgica in onore del Papa Buono, Angelo Roncalli. Tale ricorrenza coinvolge anche l’Esercito Italiano, dopo che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in virtù delle facoltà concesse da Papa Francesco, ha dichiarato – con decreto del 17 giugno 2017 – san Giovanni XXIII «Patrono presso Dio dell’Esercito Italiano».
Quest’anno la festosa ricorrenza del Patrono dell’ Esercito Italiano sarà celebrata – nel rispetto delle norme anticovid – il dodici ottobre, al Santuario Diocesano San Giovanni Paolo II, dal vescovo della Chiesa lametina, Mons. Giuseppe Schillaci, alla presenza del Colonnello Giovambattista Frisone Comandante del Comando Militare Esercito “Calabria” e dei Comandanti dei vari reparti dell’Esercito Italiano dislocati sul territorio regionale e le autorità Militari e Civili del territorio calabrese.
In qualità di cappellano, Angelo Roncalli, è stato zelante nel promuovere le virtù cristiane tra i soldati e grazie al suo luminoso esempio, che ha caratterizzato tutta la sua vita, soprattutto nel costante impegno in favore della pace, è valso non solo come motivazione di fondo a essere stato proclamato Patrono dell’Esercito Italiano, ma anche per significare quale sia il compito di questa Istituzione in uno Stato democratico: difendere il bene prezioso della pace imponendo la forza della legge. Lo ricordano le nobili parole della Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (art. 11). Principi di giustizia che lo stesso Roncalli, ribadì in un discorso — ancora inedito — pronunciato da cappellano militare all’indomani della fine della prima guerra mondiale: «Ciò che vale veramente e soprattutto non è la forza delle spade e dei cannoni, ma la forza della giustizia davanti al cielo e alla terra, la forza del diritto e insieme della umana e divina fraternità degli uomini, il senso dell’onore. In queste cose sta il progresso verace degli individui e delle nazioni» (omelia per il Te Deum, 17 novembre 1918, chiesa di Santo Spirito, Bergamo). La guerra devasta e sparge morte, il suo orrore e la sua durezza è ben conosciuta personalmente dal futuro Papa, durezza e orrore impressi sui volti e sui corpi martoriati dei soldati che giungevano agli ospedali militari dove egli prestava la sua opera senza darsi un attimo di tregua. Pregava e sperava che giungesse presto la fine di quella sciagura, frutto dell’egoismo umano. Ne ha fatto sfogo e lamento in un discorso con parole cariche di sentimento e di pena: «Oh! le lunghe notti vigilate fra i giacigli dei cari e valorosi soldati ad accogliere le loro confessioni e a disporli a ricevere sul mattino il Pane dei forti! Umili sacerdoti, tante volte ci siamo chinati ad ascoltare, sul petto ansante dei nostri giovani fratelli che morivano, il respiro affannoso della patria durante la sua passione e la sua agonia. Morti, semplici e sante, di tanti poveri figli del nostro popolo, modesti lavoratori dei campi, che si spegnevano con il Sacramento di Gesù sul petto e col nome di Maria sulle labbra, non bestemmiando al duro destino, ma lieti di offrire la loro fiorente giovinezza in sacrificio a Dio per i fratelli» (Discorso al vi Congresso eucaristico nazionale, 9 settembre 1920).
La memoria liturgica di San Giovanni XXIII è momento solenne per sottolineare quale sia l’alto valore della Pace che deve regnare tra gli uomini e che per tale dono – da custodire e promuovere – si richiede a volte il sacrificio della propria vita, così come già altri hanno compiuto nel donarla nel compimento del loro dovere. Opportunamente, in tale giorno si ricorderanno tutti i caduti, per i quali si pregherà, e s’invocherà il Patrono dell’Esercito Italiano perché interceda presso Dio e ottenere ogni bene celeste per la Patria e per ogni uomo e donna che indossano la divisa a servizio della stessa…